Sun Ultra Enterprise 450 Server

Fabio Concato, nella meravigliosa Rosalina, descriveva la sua bella come “novanta chili di libidine e bontà”. La Ultra Enterprise 450 potrebbe essere descritta con le stesse parole!

La macchina oggetto di questo recupero (trattasi di acquisto di materiale usato) non è esattamente in ambito retrocomputing: si tratta di hardware prodotto alla fine degli Anni ’90, precisamente nel 1997. Ben oltre, dunque, la soglia “psicologica” e storica del 1987. Questa Ultra, però, è di interesse perché è degna rappresentante delle ultime macchine “vecchio stile”: grosse, pesanti, basate su architettura non-x86 e con uno Unix non opensource. Potenza e robustezza di una accoppiata perfetta hardware e software pressoché impossibile da raggiungere sulla piattaforma Intel.

La Sun Ultra Enterprise 450

Oggi, nel 2019, una macchina del genere sarebbe sicuramente sostituita da un servizio in cloud con una distribuzione Linux. In poco più vent’anni, dunque, non è solo aumentata la voracità delle applicazioni (più velocità, più memoria, più storage), ma è cambiata totalmente la modalità di lavoro: non si acquista “il ferro” – come si è soliti chiamare l’hardware – ma lo si affitta “un tanto al chilo”.

A parte dimensioni e peso, appaiono lontanissimi il clock di sistema e la memoria a disposizione. La CPU aveva un clock massimo di 480MHz e non c’erano ancora processori multi-core: il parallelismo era ottenuto installando più CPU (in questo caso, fino ad un massimo di 4 unità UltraII). La memoria RAM massima era di 4GB, non troppo lontana dai tagli odierni, quantomeno come ordine di grandezza: la particolarità è che per raggiungere tale quantitativo occorreva installare ben 16 moduli DIMM (da 256MB ciascuno), mentre oggi sono disponibili singoli moduli da 32GB! La capacità di storage era decisamente notevole per l’epoca, potendo contare su un massimo di 20 slot per dischi con capacità massima di 36GB. Si parla, dunque, di 720GB complessivi. In 22 anni la capacità del singolo disco è passata a 14TB, ovvero 20 volte la capacità di 20 dischi, circa 400 volte la capacità del singolo disco. Per non menzionare le unità SSD: un disco da 32GB con velocità pazzesche costa oggi meno di quanto costasse all’epoca il solo mouse originale Sun Microsystems.

Il retro della macchina. In basso sono visibili l’alimentazione ridondata con due alimentatori indipendenti.

Sopra le dimensioni, il peso, la velocità, la memoria RAM e lo storage, c’è il consumo di energia: quasi 2KW di assorbimento e una quantità mostruosa di calore prodotto. Tant’è che era raccomandata una distanza di almeno 1 metro attorno alla macchina (se non installata su armadio rack in locale climatizzato) per garantire adeguato smaltimento del calore.

La Ultra Enterprise 450 ha ingombri importanti e occupa quasi tutto il bagagliaio di una grossa autovettura. È stata ruotata lateralmente per evitare scivolamenti con le ruote e non superare la linea di cintura del portabagagli.

Questa Sun Ultra Enterprise 450 continua ad alimentare la collaborazione con Bit.Old ed è stata collocata presso l’esposizione di Collefferro, in attesa di avviarne il resturo (pulizia, verifica di tutti i componenti e installazione del sistema operativo ex novo).

Ingegneria sotto i tasti

C’è stato un lungo periodo (e forse non è ancora terminato!) in cui le qualità di un computer si valutavano in velocità di elaborazione, quantità di RAM e storage, velocità e risoluzione del comparto grafico. È ovvio: un computer veloce consente di lavorare meglio, se poi tutto è visualizzato come un’opera d’arte tanto meglio. Spesso, però, ci si dimentica del dispositivo di input per eccellenza: la tastiera. Con la diffusione dei touchscreen e il perfezionamento di mouse e touchpad, la tastiera sembra l’oggetto più vecchio e assodato, ma non bisogna scordarsi che i fiumi di testi che vengono scritti ogni giorno sono prodotti da miliardi di click su tastiere di tutti i tipi.

L’opera di smontaggio e pulizia della tastiera di una NeXTstation.

Per questo, dunque, è opportuno soffermarsi su questo dispositivo che affonda le radici nelle prime macchine da scrivere e nel tempo si è evoluto aggiungendo comfort di scrittura, silenziosità e dimensioni contenute (ferma restando, ovviamente, la dimensione e la distanza tra i tasti, strettamente legata alla ergonomia delle mani).

Nel futuro sarà pubblicato un articolo di approfondimento sull’evoluzione delle tastiere. In questo primo articolo introduttivo, invece, si vuole mostrare l’interno di tre tastiere “abbastanza moderne”: una tastiera PS/2 Silicon Graphics di una O2, una PS/2 di un Acorn RiscPC 600 e una Sun Microsystems Type 5 su bus proprietario. Queste tre tastiere hanno una struttura simile e sono basate su un supporto di contatto a membrana, attuatori di gomma e supporti dei tasti a scorrimento. Piccole differenze: le due tastiere a standard PS/2 hanno gommini singoli, ma in quella Silicon Graphics sono (debolmente) incollati con un biadesivo cartaceo alla membrana:

La tastiera della Silicon Graphics O2 interamente smontata.

Dettaglio sulla membrana con i gommini incollati (si notano i quattro punti di adesivo cartaceo attorno a ciascun gommino).

La tastiera Silicon ha i pistoncini che agiscono sui gommini direttamente estrusi dal tasto. Nella tastiera Acorn, invece, il tasto è incastro sopra il pistoncino scorrevole che a sua volta agisce sul gommino:

La tastiera Acorn totalmente disassemblata. La membrana, non visibile, è sotto la carta assorbente in basso a destra.

Dettaglio su pistoncini e gommini della tastiera Acorn.

Il montaggio di pistoncini e gommini sul telaio rovesciato della tastiera Acorn

La tastiera Sun Microsystems, invece, aggrega i gommini in due superfici continue e, come nel caso della Acorn, il meccanismo che agisce sul gommino è separato dal tasto:

La tastiera Type 5 Sun Microsystems totalmente disassemblata.

Dettaglio dello strato di contatto della tastiera Sun Microsystems.

Apparentemente molto simili, le tre tastiere restituiscono sensazioni molto diverse sotto le dita. Quella con il tocco più caratteristico è la Sun: silenziosissima e con un feeling ovattato, dà quasi la sensazione di scrivere su un cuscino (un carissimo amico descrivera il feedback sonoro come “puff puff”, a sottolineare la differenza rispetto alle più rumorose e “clicky” IBM).

È innegabile che la qualità della tastiera si traduce in qualità del lavoro per chi passa tante ore a scrivere. Ovviamente non è solo la qualità dei tasti ma anche la disposizione, il rumore, l’altezza complessiva della tastiera e l’inclinazione del telaio, la possibilità di posizionarla a piacere sulla scrivania e, non ultima, la stabilità (una tastiera che “sfugge” sotto le dita rende la digitazione quantomai fastidiosa).