Ingegneria sotto i tasti

C’è stato un lungo periodo (e forse non è ancora terminato!) in cui le qualità di un computer si valutavano in velocità di elaborazione, quantità di RAM e storage, velocità e risoluzione del comparto grafico. È ovvio: un computer veloce consente di lavorare meglio, se poi tutto è visualizzato come un’opera d’arte tanto meglio. Spesso, però, ci si dimentica del dispositivo di input per eccellenza: la tastiera. Con la diffusione dei touchscreen e il perfezionamento di mouse e touchpad, la tastiera sembra l’oggetto più vecchio e assodato, ma non bisogna scordarsi che i fiumi di testi che vengono scritti ogni giorno sono prodotti da miliardi di click su tastiere di tutti i tipi.

L’opera di smontaggio e pulizia della tastiera di una NeXTstation.

Per questo, dunque, è opportuno soffermarsi su questo dispositivo che affonda le radici nelle prime macchine da scrivere e nel tempo si è evoluto aggiungendo comfort di scrittura, silenziosità e dimensioni contenute (ferma restando, ovviamente, la dimensione e la distanza tra i tasti, strettamente legata alla ergonomia delle mani).

Nel futuro sarà pubblicato un articolo di approfondimento sull’evoluzione delle tastiere. In questo primo articolo introduttivo, invece, si vuole mostrare l’interno di tre tastiere “abbastanza moderne”: una tastiera PS/2 Silicon Graphics di una O2, una PS/2 di un Acorn RiscPC 600 e una Sun Microsystems Type 5 su bus proprietario. Queste tre tastiere hanno una struttura simile e sono basate su un supporto di contatto a membrana, attuatori di gomma e supporti dei tasti a scorrimento. Piccole differenze: le due tastiere a standard PS/2 hanno gommini singoli, ma in quella Silicon Graphics sono (debolmente) incollati con un biadesivo cartaceo alla membrana:

La tastiera della Silicon Graphics O2 interamente smontata.
Dettaglio sulla membrana con i gommini incollati (si notano i quattro punti di adesivo cartaceo attorno a ciascun gommino).

La tastiera Silicon ha i pistoncini che agiscono sui gommini direttamente estrusi dal tasto. Nella tastiera Acorn, invece, il tasto è incastro sopra il pistoncino scorrevole che a sua volta agisce sul gommino:

La tastiera Acorn totalmente disassemblata. La membrana, non visibile, è sotto la carta assorbente in basso a destra.
Dettaglio su pistoncini e gommini della tastiera Acorn.
Il montaggio di pistoncini e gommini sul telaio rovesciato della tastiera Acorn

La tastiera Sun Microsystems, invece, aggrega i gommini in due superfici continue e, come nel caso della Acorn, il meccanismo che agisce sul gommino è separato dal tasto:

La tastiera Type 5 Sun Microsystems totalmente disassemblata.
Dettaglio dello strato di contatto della tastiera Sun Microsystems.

Apparentemente molto simili, le tre tastiere restituiscono sensazioni molto diverse sotto le dita. Quella con il tocco più caratteristico è la Sun: silenziosissima e con un feeling ovattato, dà quasi la sensazione di scrivere su un cuscino (un carissimo amico descrivera il feedback sonoro come “puff puff”, a sottolineare la differenza rispetto alle più rumorose e “clicky” IBM).

È innegabile che la qualità della tastiera si traduce in qualità del lavoro per chi passa tante ore a scrivere. Ovviamente non è solo la qualità dei tasti ma anche la disposizione, il rumore, l’altezza complessiva della tastiera e l’inclinazione del telaio, la possibilità di posizionarla a piacere sulla scrivania e, non ultima, la stabilità (una tastiera che “sfugge” sotto le dita rende la digitazione quantomai fastidiosa).